Stando a quanto sostiene il Green Economy Index elaborato dalla Fondazione Impresa, l’Italia è uno dei tre Paesi europei che può annoverare un livello di green economy giudicabile “alto”. Il BelPaese è infatti in terza posizione con un punteggio di 60,5 punti, dietro Austria (65,8) e Svezia (60,5%) e ben davanti a Danimarca (57), Romania (54,4) e Slovenia (54,3), cui è attribuito un livello “medio-alto”.
Scorrendo la classifica, si rileva inoltre come il nostro Paese sia ben superiore alla media UE 28 e il suo giudizio di 52,8 punti, e a tutte le principali economie del vecchio Continente: il Regno Unito ha chiuso la classifica in 12ma posizione con un punteggio di 52,1 punti, mentre ancora peggio hanno fatto Germania (49.8) e Francia (49,3), cui la Fondazione attribuisce un livello “medio-basso”.
Complessivamente, l’Italia può dunque ritenersi ben soddisfatta. Anche perché, a meglio vedere, la sua posizione è il frutto di pluriennali sforzi profusi nell’efficienza energetica privata e industriale, mentre le due nazioni che precedono (Austria e Svezia) possono festeggiare i gradini più alti del podio grazie alle elevate quote di energia rinnovabile sui consumi elettrici (rispettivamente pari al 68% e al 52%), che derivano dalle risorse naturali di cui sono propri i due Paesi.
Oltre che per l’efficienza energetica, l’Italia ottiene ottimi giudizi anche per l’alto grado di certificazioni ambientali, per gli investimenti e la spesa in protezione ambientale, per la superficie che viene coltivata biologicamente (con una percentuale del 10%, contro media UE del 5,7%), e ancora per la bassa intensità della presenza di carbonio nell’economia, per il basso livello di polveri sottili emesse nell’ambiente pro-capite e, infine, per il basso livello di emissioni medie di CO2 relative alle nuove auto.
Il dato cela comunque l’ennesima disparità: le prestazioni delle regioni meridionali evidenziano forti ritardi rispetto a quelle settentrionali, tra le migliori in ambito europeo.